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Laurea a Maurizio Costanzo

macchina_da_scrivere_1_by_sunnysmiles1Laurea honoris causa. Come da tradizione, durante la cerimonia di apertura dell’anno accademico della IULM viene consegnata ad un eminente esponente dell’italica comunicazione. Nel 2009 è Maurizio Costanzo il laureato in Giornalismo, Editoria e Multimedialità. Per l’occasione abbiamo (Micaela Nasca, Francesca Pelucchi, Edoardo Cavadini ed io) realizzato una clip.

A beautiful Mike

macchina_da_scrivere_1_by_sunnysmiles6Davvero qualcuno riesce a pensare a Mike Bongiorno, ai quiz, alle televendite e alle vallette senza sorridere ricordando almeno una gaffe, o un doppio senso?  Il presentatore d’Italia, quello che ha fatto la tv, quello che ha inventato programmi, che ha condotto undici Sanremo, lo stesso che ha insegnato l’italiano agli italiani, che ha scalato vette e conquistato il Polo Nord, l’unico uomo con sedici (o a sentir lui venticinque) telegatti sul comodino.. sì, anche lui, anche Michael Nicholas Salvatore Bongiorno di tanto in tanto sbaglia. E per l’allegria degli italiani, lo fa da 54 anni.

 Allusioni sessuali tra il “ci sei o ci fai”, calcolati imbarazzi e un perbenismo da tv in bianco e nero rendono Mike divertente anche dopo più di cinquant’anni di tubo catodico, anche oggi che il pubblico televisivo è abituato a vedere su maxischermo ciò di cui solo parlarte all’epoca dei suoi esordi era un tabù, con lui si diverte. Ma far sorridere è l’immagine nostalgica, non lo stupore e lo scandaletto della signora Chapel. Oggi Mike più che comico è una parodia della prima tv e alla simpatia si accompagno i segni dell’età. Umberto Eco, in “Fenomenologia di Mike Bongiorno”, scrive:

“In fondo la gaffes nasce sempre da un atto di sincerità non mascherata; […] la gaffe (in cui Bongiorno eccelle, a detta dei critici e del pubblico) nasce proprio quando si è sinceri per sbaglio e per sconsideratezza […]. Mike Bongiorno è privo di senso dell’umorismo. Ride perché è contento della realtà, non perché sia capace di deformare la realtà”.

Si parla delle gaffe di Mike da mezzo secolo. Prima nei bar, poi, con il diffondersi delle tv, nei salotti di tutt’Italia.  Di programma in programma, di anno in anno, gli “equivoci” si accumulano fino a diventare un argomento di discussione nelle chiaccherate catodiche. Come ogni mito, anche le sviste semantiche di Mike a volte vengono ingigantite o in qualche caso inventate. Paradossale che uno dei più favoleggiati scivoloni (ahi, ahi, ahi, signora Longari.. mi è caduta sull’uccello!) sia frutto della fantasia di qualche barzellettiere.

We Can Too

“We can be one people”

macchina_da_scrivere_1_by_sunnysmiles4 Per definire un “noi” serve innanzitutto un “loro”. La sociologia di Luhmann teorizza quello che la  storia della politica ha ampliamente dimostrato: per formare un gruppo che abbia un’identità    sociale condivisa è necessario un “altro diverso da noi”. La diversità stabilisce con certezza quali sono i confini del gruppo e rafforza l’unione tra i membri.  I libri di storia sono pieni di esempi macroscopici. Basta pensare alla componente xenofoba delle campagne anticomuniste negli anni della Guerra Fredda o, con le dovute differenze, l’odio per ebrei della Germania nazista.  La politica ha sembre fatto leva sul conflitto, spesso alimentandolo con la paura. La moda del “fair play” ha solo cambiato la forma mascherando un poco la sostanza. Dal suo primo discorso  come candidato alla Casa Bianca (10.02.07), da una delle prime frasi, Obama mette in chiaro chi non appartiene al suo “noi”, chi sono gli “altri”:

 

obama21“In the face of a politics that’s shut you out, that’s told you to settle, that’s divided us for too long, you believe we can be one people, reaching for what’s possible, building that more perfect union.”
.
“Alla faccia dei politici che vi escludono, che vi dicono di sedervi, che ci hanno diviso per troppo tempo, voi credete che noi possiamo essere un popolo, tentando per quanto sia possibile, di costruire una sempre più perfetta unione.”
.

 

Con il Procedere della campagna,  gli “altri” cambiano. Sconfitta Lady Clinton quelli che erano avversari diventano alleati contro un nuovo “nemico”: McCain.  Gli attacchi possono essere sferrati a viso aperto, gli spot televisivi ne sono un esempio. 

e ancora

 

“Obama invites you”

obamaRoosevelt aveva la radio, Kennedy fu il presidente della televisione, il tempo di Obama è decisamente internet. E’ ovunque. In tutti i social network. Tra la fidanzata, il compagno di classe e quello del calcetto compare anche Barack. Come un amico tra gli amici. E’ un altro Obama però, non quello aggressivo dei discorsi o quello degli spot televisivi.  Il popolo di internet, anche nei casi in cui si sovrappone con il pubblico televisivo, si avvicina al media con un differente approccio. Più intraprendente, più selettivo, a volte quasi pretenzioso. Sul campo di battaglia telematico non si possono scavar trincee con il classico fronte “noi” contro “loro”. Il gruppo in rete si fonda sul coinvolgimento. La formazione di un’identità collettiva di gruppo avviene non attraverso un nemico da combattere ma conducendo gli internauti in un progetto comune, facendoli sentire parte di qualcosa che si muove verso un sogno, verso la vittoria. Il rapporto è personale, individuale e coltivato quaotidianamente con cura: mail, messaggi sui social network, sms nessuno viene lasciato indietro.  I più intraprendenti poi hanno la possibilità  di autocandidarsi a produrre nuove cellule di aggregazine intorno ad un progetto: dall’organizzazione di un barbecue ad una campagna per la raccolta di fondi. Tutti gli strumenti telematici e i tools informatici sono a porata di clic, facilmente reperibili sul sito barackobama.com. A fianco del sito un altro elemento centrale della campagna è YouTube. Una pagina personale ospita oltre ai video dei vari discorsi anche contenuti e spot esplicitamente creati per il web. Niente nemici, nessun colpo basso agli avversari, solo un sogno da condividere.

 

“Change”

Il mondo è una realtà complessa, mentre l’uomo ha fondamentalmente bisogno di semplificazione, di punti di riferimento. Raramente la politica si fa carico di creare questi valori. Più spesso si limita ad assecondarli e, quando riesce ad individuarli nella società, a farsene interprete. Obama ha creato un “noi” che prima non esisteva. Ha affiatato un esercito di elettori disposto a schierarsi al suo fianco e un popolo d’internauti coinvolti ed attivi.