Tra le rapide in gommone. Con me il fiume ha un altro volto

Repubblica — 29 agosto 2009 pagina 10 sezione: MILANO

«QUESTO si presenta con gli stivali di pelle di serpente ai piedi e la fidanzata attaccata al braccio. Doveva scendere solo lei. Credo fosse un regalo di compleanno o qualcosa di simile. Lui aveva già fatto rafting sul Colorado e ci teneva molto a farlo sapere: l’ Adda sarebbe stato solo una noia. Un po’ noi, un po’ la sua fidanzata però riusciamo a convincerlo. Muta, giubbotto di salvataggio e via sulle rapide. All’ inizio tutto bene: poi arriviamo a un punto tranquillo dove chi vuole può fare il bagno. La ragazza e altri del gommone si tuffano, il nostro uomo non può tirarsi indietro, lui non ha paura di nulla, ha fatto il Colorado: ma appena tocca l’ acqua va nel panico». Michele Testini, 49 anni, da quasi vent’ anni scende le rapide dell’ Adda e sul suo gommone di gente ne ha vista di tutti i tipi, dai malati d’ adrenalina a chi avrebbe preferito essere da tutt’ altra parte ma che per amore, per scommessao per caso si trova tra le onde di un fiume a fare rafting. Tutto è cominciato con l’ amore per la natura e la voglia di viverci in mezzo: «Siamo nati come associazione sportiva nell’ 82, giusto un gruppo di appassionati di kayak. Poi nell’ 86 per la prima volta il rafting si affaccia in Italia ed è la svolta. Stare su un kayak è incredibile, è come pilotare una formula uno, mentre il rafting è più come guidare un pullman ma c’ è una contropartita: prima di poter scendere un tratto anche semplice in kayak serve una settimana di lezioni, mentre bastano 15 minuti di teoria per salire su un gommone e cominciare a godersi il fiume. Per questo abbiamo deciso di dedicarci al rafting, per regalare alla gente l’ emozione che provi a scendere tra le rapide anche se non hai una settimana di tempo. Nel ‘ 92, dopo qualche anno di gare, i ragazzi del club e io abbiamo deciso di tralasciare un po’ l’ aspetto sportivo per dedicarci più alla diffusione di questo sport, e da allora scendiamo le rapide con ogni genere di persona». Si parte da Stazzona e dopo 15 chilometri di onde e due ore insaccati nel neoprene si arriva a San Giacomo. «È un tratto di fiume tranquillo, solo 300 metri di dislivello, ma lo abbiamo scelto apposta. L’ approccio più corretto con l’ acqua dinamica deve avvenire in modo graduale, nei tratti impegnativi la gente scende dal gommone e non sa se ha avuto più paura o se si è più divertita. Il nostro scopo, invece, è raccontare il territorio in cui viviamo e condividere la nostra fortuna con gli altri. Perché visto dal fiume il mondo cambia, hai una prospettiva che non hai da nessun altro posto. Non si vedono le strade, non si sente il traffico, c’ è solo lo sciabordio dell’ acqua e gli aironi che si alzano in volo. A volte fatichi a riconoscere la valle in cui vivi da anni. È davvero una cosa che ha dell’ incredibile». Sul gommone di Michele sono salite persone di tutti i tipi e di ogni età, anche se ovviamente la maggior parte è tra i 20 e i 35 anni. I motivi che spingono a prendere la pagaia in mano sono i più inimmaginabili. «Ultimamente, ad esempio, il rafting va molto di moda per gli addii al celibato: pomeriggio in barca, e la sera si festeggia. Ma anche gite scolastiche: la scuola alberghiera Amerigo Vespucci di Milano viene tutti gli anni. Poi c’ è il team building, affiatare un gruppo di lavoro facendo attività collettive fuori dall’ ufficio. Ho visto davvero gente di ogni tipo e a ciascuno cerco di raccontare la valle, mostro i vitigni di nebbiolo, ricordo quanto dannosi siano gli interventi umani. Cerco insomma di trasmettere il senso di meraviglia e di stupore che, anche dopo vent’ anni, provo ancora ogni volta che scendo questo tratto di fiume». – MARCO BERTI

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